LA CASA DELLA NONNA

ovvero

UNA PROVA D’AMORE

di

Nino Romeo

Rassegna Stampa

Giovanna Caggegi «La Sicilia» del 17 novembre 2010

Catania - (…) Autore, regista e attore tre i più rappresentativi della drammaturgia italiana contemporanea, con testi di straordinaria invenzione linguistica come, tra gli altri, il celebratissimo “Fatto in casa”, “Dollìrio” e “Post mortem”, nella sua nuova pièce Nino Romeo recupera un tema a lui molto caro, quello delle relazioni familiari indagate sullo sfondo dialettico tra eros e thanatos. Nella “Casa della nonna” è ancora la morte a liberare la vita, a dare voce autentica all’esistenza di due sorelle che, attraverso l’iniziale incomprensione, riscoprono se stesse e recuperano una inedita dimensione di libertà.

Sergio Sciacca «La Sicilia» del 22 novembre 2010

Graffiante “Casa della nonna” di Romeo. Splendide Lo Giudice e ManiscalcoCatania - (…) Hanno applaudito e lungamente all’interpretazione più che magistrale delle due protagoniste (Mariella Lo Giudice e Graziana Maniscalco). (…) Nino Romeo si compiace a togliere i paludamenti alle parole… Quel linguaggio che descrive la sfera sessuale per come è, senza metafore, quel linguaggio che usò anche Dante, anche il tenero Catullo. (…) Il dramma proposto da Nino Romeo che oltre ad essere autore e regista del lavoro si ritagliato alcune parti significative (un capolavoro è il suo mafioso che minaccia senza sembrare), è la scoperta dell’essere vero… Dramma vero, dinamico, dove le due sorelle dai caratteri complementari, inizialmente abbigliate con eleganza (i costumi graduati in anticlimax sono dovuti alla compartecipe intelligenza di Umberto Naso) e interiormente tormentate alla fine sono vestite di stracci e felici. Una liberazione che coinvolge le due interpreti visibilmente raggianti alla conclusione dell’eroica discesa nella verità dell’essere umano. Ecco: il dramma affronta il disagio della civiltà. (…) Ci sono pagine di autentica poesia e un soffio lirico percorre tutta l’azione. (…) La vita naturale è bellissima, anche senza soldi, anche quando si è impediti (la scena che descrive gli amori di due attempati amanti di cui uno è costretto nella sedia a rotelle è di una altezza lirica indimenticabile). A riassumere i meriti delle due interpreti basterà ricordare che Mariella Lo Giudice vive con uno studio attento delle sfumature psicologiche la scoperta del freudiano Es: fa vibrare la passione, disegna la scoperta della voluttà liberata dalle censure, è l’esemplare ritratto del ritorno alle origini dell’umanità tribale. Non meno perfetto il quadro che Graziana Maniscalco traccia di una femminilità più scaltrita, ma comunque bisognosa della liberazione nell’amicizia, oltre che nell’eros. Personalità pragmatica e proprio per questo creatrice di poesia, come Amalia Guglielminetti, come Lou Salome. Insomma il lavoro è di gran significato ottimamente inteso e vissuto a due artiste di prim’ordine.

Francesco Nicolosi Fazio «Scenario» del 23 novembre 2010

Catania - Due donne, una su una poltrona rossa, l’altra sulla nera, una bara ed un tavolo, tutto dentro la casa della nonna, appena morta. Poi si finisce in strada, perdendo le due sorelle la casa e la contesa. Spesso Nino Romeo ci ha abituato alla visione della morte come momento sacro e dissacrato di bilanci della vita, che è la vita dei personaggi ma è, ovviamente, anche la nostra. Pertanto la nuova opera di Romeo prosegue idealmente il solco del suo percorso trentennale. L’appagamento ed il trasporto che la pièce concede allo spettatore è supportato dal percorrere il più ampio solco della cultura europea che, a scanso di equivoci, viene letteralmente citata nelle prime battute della commedia. (…) Il conflitto/incontro tra le sorelle viene perfettamente reso nella recitazione di due tra le migliori attrici del teatro italiano: Mariella Lo Giudice e Graziana Maniscalco. Ad ogni fine di scena Nino Romeo algidamente si materializza in più personaggi tra loro imparentati, che rappresentano, ciascuno e contemporaneamente, il deus ex machina ed il convitato di pietra. Una atmosfera di ricordi e di occasioni perdute, una vita guardata dalla finestra della casa della nonna e poi ricordata guardando verso la finestra della casa della nonna, espropriata e diventata postribolo; finendo le donne per strada, letteralmente. Un “Giardino dei ciliegi” dei nostri tempi. Grazie ai forti riferimenti usati, l’opera conduce ad una visione anche poetica della condizione umana ed un attualissimo messaggio: la memoria è la base fertile che dà senso alla nostra esistenza e, soprattutto, offre gli strumenti per il nascere della cultura, soprattutto teatrale come nell’opera di Nino Romeo, artista che non ha bisogno di “aggredire la vita”. (…) Radici antiche ha il teatro, siamo felici quando conosciamo qualcuno che riesce ancora a coltivarle.

Maurizio Giordano  «dramma.it» del 24 novembre 2010

Catania - (…) Protagoniste dello spettacolo due eccellenti interpreti del teatro italiano, Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice, nei panni di due sorelle tanto diverse e distanti all’inizio del loro incontro, quanto vicine, solidali e felici alla fine della vicenda. (…) A dare sulla scena, in modo ineccepibile, voce e corpo alle due sorelle Grazia Maria e Maria Grazia, una il rovescio dell'altra e che poi finiscono per somigliarsi e per diventare corpo unico, sono Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice. (…) Nel finale di ogni scena, a pennellare con arguzia e professionalità i personaggi, tutti accomunati dalla stessa impietosa arroganza e crudeltà, dell’intransigente becchino, dell’affarista sindaco e del manipolatore – puparo, comune a tutte le latitudini, anche Nino Romeo, che ricordiamo tra i più apprezzati autori della drammaturgia italiana. Il testo di Romeo, così come la rappresentazione, colpisce nel segno, affondando il bisturi su diversi aspetti della nostra esistenza e dei nostri vacui ed oscuri tempi. (…) Alla fine lunghi e calorosi applausi per la messa in scena, per l’autore e soprattutto per le due impeccabili interpreti. Da vedere, assolutamente.

Giuseppe Condorelli «Scenario» del 26 novembre 2010

La fosca sorellanza

Catania - Una morte, la veglia, il gorgo dei ricordi e dei rimossi ad agitare il lutto. Con “La casa della nonna” - il titolo tranquillizzante cela invece un focolare di rapporti scoppiettanti e infuocati, di occasioni perse e ritrovate - il Gruppo Iarba di Nino Romeo ritorna finalmente a Catania, sulla scena del Teatro Brancati, con una sorta di western domestico e tragicomico in cui scendono a contrapporsi - nell’occasione della scomparsa della nonna - due sorelle, specularmente diverse (anche nei nomi inversamente proporzionali: Grazia Maria e Maria Grazia). L’una (Graziana Maniscalco) poetessa epicureista, mascolina, esuberante, pura estetica; l’altra (Mariella Lo Giudice) segnata dal rigore morale, da una cartesiana e razionale visione del mondo e dei rapporti umani, pudica e riservata, pura etica. La veglia funebre diventa il campo di battaglia che Nino Romeo delinea lungo due atti con una scrittura scintillante in una diversa e rinnovata espressività drammaturgica nella quale sceglie pure di “manifestarsi” impersonando alcune fulminanti ed irresistibili figure: da beccamorto a prete, da imprenditore a uomo di rispetto. Due atti al plurale femminile, declinati nella forma del “contrasto”, in cui la parola è contrappunto nervoso e serrato, dall’incedere incalzante, quasi vertiginoso: e solo due mattatrici come Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice sono state in grado di sostenerne tutte le problematicità grazie ad un tour de force recitativo di livello assoluto. Nell’ironia nera delineata dalla drammaturgia di Romeo e scandita da musiche beatlesiane assolutamente stranianti, al libertinaggio esibito della prima replica l’ostinato controriformismo etico della seconda, segnato da una (apparente) macerazione del corpo e dello spirito. Le due sorelle oppongono i loro universi esistenziali ora a colpi di stiletto - citazioni colte, rimandi letterari, eufemismi ideologici e umorali – ora attraverso assalti astiosi e acidi in cui il dialogo s’impenna a calunnia, a svilimento reciproco. Ed è proprio il linguaggio - altro protagonista assoluto - a delinearne la diversità: spudorato, impulsivo ariostesco quello di Grazia Maria; sobrio e compassato, votato alla difesa quello di Maria Grazia. Con la bara della nonna muta testimone, paiono stendersi su di loro il deserto degli affetti familiari e dispiegarsi due solitudini bellicose e sgraziate. Eppure, complice quelle stanze, le due donne cominciano a “ciaurarsi”, a riconciliarsi, a tentare di essere finalmente sorelle. Ma il tragico (ed il suo rovescio) è dietro l’angolo. Proprio nel secondo atto che la scrittura e il plot deviano verso il dramma - certo non senza tocchi farseschi - grazie anche al pieno recupero del dialetto, segnale sì di un rinnovata intimità familiare, ma soprattutto di quel mistilinguismo meticolosissimo caro al teatro di Nino Romeo: da “Cronica” a “Fatto in casa” per intenderci. Ma l’agnizione è mistificazione: Romeo impone alla sua messa in scena quasi lo stesso procedimento degenerativo di “Post mortem”: sovverte i caratteri delle due protagoniste, che svestite della loro maschera si offrono nella loro nuda sorellanza anche e soprattutto attraverso il “momento animale della lingua” (il ricordo della parlata della nonna) che diventa varco, spazio della ricomposizione degli affetti, di una solidarietà piena. Ma proprio nel momento in cui si riappropriano della loro sorellanza, quanto più emerge il profilo autentico e spiazzante delle loro vite, il destino li obbliga a vendere e dunque a perdere per sempre la casa della nonna, la loro piccola fortezza memoriale. Ormai costrette a vagabondare ma ricche della loro riacquistata “sorellanza” non potranno che contemplare filosoficamente il “bordello” che è diventata la casa della nonna e la loro stessa vita.

Antonio Mazzucca «Il Gufetto» del 20 febbraio 2013

La fosca sorellanza

Roma - Nostalgico e dalla prosa sublime il testo de La casa della nonna di Nino Romeo viene magistralmente messo in scena da due inappuntabili attrici come Gianna Paola Scaffidi e Graziana Maniscalco al Teatro dei Conciatori. Due sorelle molto diverse, l’una esteta, l’altra razionale e pudica, si ritrovano ormai adulte al funerale dell’amata nonna che lascia loro una villa da dividere ed un mare di debiti. Il funerale, e la vendita della casa riavvicina le due, non senza una rispolverata di ricordi e numerose confessioni del passato, raccontate con lucidità, irriverenza e sfrontatezza. Le due attrici scelgono una recitazione sobria, mai sopra le righe se non quando è il testo a concederlo, lasciando emergere la bellezza di un testo profondo e doloroso, dalla prosa ricercatissima. Ricostruire un passato è infatti un esercizio tragicomico, che alterna momenti dolorosi a ricordi giocosi, venati di nostalgia, un intreccio di tensioni psicologiche che fanno emergere quelle ragioni per le quali siamo diventati le persone che siamo. Gianna Paola Scaffidi, con i suoi gesti controllati, quegli occhi circospetti e la rigidità delle linee contratte del viso interpreta il disagio nell’affrontare questo passato, lo stesso di chi legge il passato con la sola chiave di lettura che ha sempre avuto, la propria. Graziana Maniscalco è invece a suo agio con un ruolo sopra le righe, dalle mille sfaccettature. La sorella estroversa e artistica è quella che domina la scena con i suoi passi lunghi, quasi la divora. Intensa nei monologhi, e irriverente nei dialoghi, rende bene quella complessità di chi vive le proprie passioni senza preoccuparsi del giudizio degli altri, distaccata quel tanto che basta per ritrovarsi nel ritratto dell’esteta infastidito dalle bacchettate morali della sorella antagonista. Il Teatro Conciatori ci regala ancora una volta una performance toccante e decisa, che affronta in parte anche il dilemma attualissimo della Povertà, quella economica o “acquisita” da patrimoni familiari pieni di crepe, e quella umana che un po’ per presunzione, si rifugia in un bene simbolo, un’abitazione per sfuggire il contatto con la realtà. Ma quando la realtà fa capolino nella narrazione della vita delle due donne, sia nei riferimenti alle vicende economiche della vendita sia nelle confessioni del passato più recente delle due attrici, lo fa con lucida spietatezza, come un raggio di sole attraverso una finestra dai battenti chiusi, fornendoci il reale volto di due sorelle, due donne, che vanno al di là della maschera di esteta e moralista che si sentono cucite addosso così bene.

Ilaria Guidantoni «Saltinaria» del 20 febbraio 2013

La fosca sorellanza

Roma - Commedia noir, con qualche tratto grottesco, la risata a mezza bocca che lo spettatore trattiene, pudico, di fronte a qualcosa che è un misto di dolore, struggente nostalgia, e insieme una nota orrida, irriverente e a tratti rabbiosa. Un testo che si presta a molti spunti, riflessioni che dipingono l’Italia di oggi, delle famiglie di tante apparenze e segreti del sud Italia, della lingua che intreccia il dialetto, della facilità di cadere in disgrazia e soprattutto della complessità psicologica dell’essere femminile, così articolata e contorta. Ben interpretato da entrambe le attrici che svelano un buon affiatamento. Un testo forte, che strattona lo spettatore e non può lasciare indifferenti di fronte a quel fiume in piena di sentimenti taciuti e repressi, che nella parola scurrile trovano il loro sbocco liberatorio. (…)Due donne nell’oscurità di un gioco di luci ben dosato, che dona a tutto lo spettacolo un sapore leggermente claustrofobico che non si dipana neppure quando le sorelle affronteranno la loro nuova vita per strada alle prime luci dell’alba, si preparano per il funerale della nonna. "La casa della nonna" è una commedia dei risentimenti: dopo anni, Maria Grazia (che ha scelto un nome alternativo per il proprio diario, Enotria, sebbene astemia) e Grazia Maria (alias Ausonia) – i genitori per non scontentare le due nonne hanno messo i due nomi e a tutte e due le figlie - si incontrano nella casa della nonna, morta da poche ore.(…) Sono tanti, troppi gli spunti per descriverli nello spazio di una recensione e il testo meriterebbe certamente una lettura. Due bambine i cui genitori non hanno insegnato la tenerezza e la passione, mentre la nonna le ha coccolate tacendo all’una il suo mondo privato, di passioni, di cuore e anche di crudeltà. Enotria (Gianna Paola Scaffidi) è l’ex insegnante di lettere, fatta studiare in una scuola costosa perché molto brava, votata - almeno per una parte della propria vita - a Dio e alla cura della nonna forse per fuggire il mondo e mettersi a riparo. Ma dai desideri non ci si può nascondere. Ausonia (Graziana Maniscalco) è la figlia incompresa e un po’ temuta dai genitori, protetta per la sua malinconia e il suo dolore da intellettuale trasgressivo, poetessa. Le due sorelle in un alterco molto gustoso all’inizio si sfidano in un duello a colpi di citazioni. E’ interessante il crescendo del cuore a scapito della ragione, lo scomporsi del linguaggio di due persone colte e, soprattutto nel caso di Enotria, composte (mai una parolaccia con la nonna), fino al turpiloquio, all’abbandono ad una danza primaria di donne tornate bambine a giocare e a rischiare la vita per strada. La vicenda è però profondamente amara: private della casa della nonna, trasformata in albergo a ore, le due sorelle affronteranno il proprio futuro di strada da nuove povere, sfrattate da un sindaco – imprenditore prestato alla politica – in palese conflitto di interessi che appoggia una finanziaria usuraia con la quale la nonna per aiutare Ausonia in un momento di difficoltà, ha firmato un contratto capestro. Ce n’è per tutti, dal prete che per reclamare la donazione dà una seconda estrema unzione, a rischio di ‘sovradosaggio’ alla cattiveria e indifferenza dei vicini e del parentado. Spettacolo senza veli né patinature, solleva la benda dalla cancrena ma non scade nella voglia pura di scandalizzare come troppo spesso accade. Sarebbe interessante rivederlo anche solo in una lettura a due per concentrarsi sul testo e le sue pieghe.

Ettore Zocaro  «La Sicilia» del 27 febbraio 2013

Roma – Il Gruppo Iarba, diretto da Nino Romeo, quando arriva a Roma con un nuovo lavoro sceglie un teatro “off”. (…) Una propria linea estetica. (…) Il ritmo del dialogo è incandescente, incalzante. La Maniscalco e la Scaffidi interpretano con puntualità anche i passi più esasperati, bella prova tecnica recitativa. Romeo conferma la coerenza del suo stile che il pubblico ha apprezzato nell’arco di una lunga e feconda carriera con lavori quali “La sequestrata di Poitiers”, “Chiamata d’Asso”, “La rondine, l’usignolo e l’upupa” e il recente “Dollirio”. Le storie del commediografo catanese possono apparire quasi astratte ma invece appartengono alla più stringente realtà. “La casa della nonna” è una riflessione generazionale che esplode senza schemi precostituiti attraverso una teatralità molto pungente ed efficace. Il Gruppo Iarba si conferma campione di narrativa drammaturgica.

Giovanna Caggegi «Sicilymag» dell’8 dicembre 2016

Nella casa della nonna di Nino Romeo vince la fragilità femminile

Catania - "La casa della nonna" di Nino Romeo, con due magistrali interpreti come Graziana Maniscalco e Gianna Paola Scaffidi, è un vorticoso girotondo di anime femminili che si mettono a nudo.Nell’opera di Nino Romeo è di frequente la morte con il suo putrescente realismo a segnare per i protagonisti l’abbrivio di una discesa agli inferi. (…) Da "Cronica" a "Post mortem", dal pluripremiato "Fatto in casa" fino a "La casa della nonna" - quest’ultimo testo in scena con grande riscontro di pubblico nei giorni scorsi al Teatro Ambasciatori di Catania - l’autore scende puntualmente nell’abisso dell’animo umano per grattarne il fondo e per tirare fuori la più autentica varietà delle passioni, affidando alla lingua siciliana il compito di restituire verità e senso alla vita.La morte dell’amata nonna fa ritrovare sotto lo stesso tetto due sorelle da sempre contrapposte per temperamento e scelte ideologiche. (…) Un feroce dibattito umorale ricco di toni e sfumature - tra comicità involontarie, lucido cinismo e malinconici ripiegamenti - contrappone le due donne in una tenzone che le sfinisce, le destruttura, per restituirle a una identità originaria in cui possono finalmente riconoscersi sorelle. (…) Assistiamo a una partitura in due tempi, dinamica e incalzante, dal ritmo a tratti forsennato e tecnicamente ardito che due attrici di grande temperamento e di straordinaria bravura come la Maniscalco e la Scaffidi riescono ad assecondare e dominare in forme molto personali. Scattante, nervosa, prorompente la recitazione della Maniscalco, morbida, tondeggiante, voluttuosa quella della Scaffidi…Se in questo testo Romeo rivela una sorprendente capacità di accogliere in forma originale le sollecitazioni di grandi autori, da Pirandello a Beckett a Pinter, è nell’ottima regia che l’autore raggiunge risultati di rarefatto nitore stilistico con un raffinato lavoro di cesello che punta a fissare la dinamicità della vicenda narrata nella plastica eleganza formale di immagini di hopperiana memoria, pur nell’orizzonte di una più cupa mediterraneità, grazie anche prezioso disegno delle luci orchestrato dallo stesso Romeo. Piacevolmente nostalgico il contrappunto delle musiche dei Beatles che, mentre servono a sciogliere la tensione tra un quadro e l’altro, agganciano una situazione universale al “com’eravamo” di una generazione e di un’epoca prima della fine delle ideologie.

Giuseppe Condorelli «Siciliajournal» del 7 dicembre 2016

Catania – (…) Una sorta di commedia-vaudeville straniante, domestico e tragicomico… (…)Due atti rigorosamente al plurale femminile in cui la parola è contrappunto nervoso e serrato, dall’incedere incalzante, quasi vertiginoso, una “pasticca” gaddiana da rigirare secondo il momento: e la perfetta padronanza recitativa permette alle due protagoniste una resa perfetta, senza mai una sbavatura o un rallentamento, frutto di una intesa completa che ha strappato meritatissimi applausi a scena aperta. (…)Ed è proprio il linguaggio, l’altro protagonista assoluto, a delinearne la diversità…Ci pare però importante sottolineare un aspetto più celato ma decisivo di questa drammaturgia: la morte incombe sempre negli spettacoli di Nino Romeo, nella forma tragica ed espressionistica, filosofica e irridente; scandisce il tempo delle due sorelle – la bara gira come un orologio a ogni sequenza (altro movimento metaforico caro a Romeo) –. (…)Nella seconda parte, in un “coupe de theatre” ad orologeria, Romeo impone poi alla sua messa in scena quasi lo stesso procedimento degenerativo di “Post mortem”: sovverte quasi i caratteri delle due protagoniste, che svestite della loro maschera si offrono nella loro nuda e sofferta sorellanza anche e soprattutto attraverso il “momento animale della lingua” (il ricordo della parlata della nonna) che diventa non solo varco, spazio della ricomposizione degli affetti e di una solidarietà piena ma anche mappa di alcuni dei temi cari a teatro di Romeo: la memoria, il tema del doppio e dello specchio, i rapporti familiari, la distanza di classe e di condizione, il rapporto con il corpo e con la sua stessa percezione.

Nicola Savoca «News Sicilia» del 7 dicembre 2016

In scena con successo “La Casa della Nonna”

Catania - (…) La Maniscalco e la Scaffidi sono sublimi nel passarsi la palla l’un l’altra. Sembra di assistere alla migliore partita di tennis giocata tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci: scambi di gran classe resi possibili da un solido testo che ha il pregio di fondere in un “unicum” rimandi letterari alti e racconti più prosaici. (…) Turbate e poi sopraffatte da invadenti personaggi maschili (tutti ben interpretati dal bravo Nicola Costa), le due donne riprendono a volersi bene grazie a quella formula del cuore che si chiama “sorellanza”.

Anna Di Mauro «Sicilymag» del 5 dicembre 2016

Catania - Scomodo, poetico, irridente, inesorabile, si snoda il dialogo a due voci femminili, con un intercalare maschile dai tratti cupi e quasi esilaranti. Scandito in quadri dall'intramontabile musica dei Beatles, ritorna a Catania “ La casa della nonna” di Nino Romeo, inossidabile pièce dai contorni al vetriolo, sul filo di una poetica ironia, cifra con cui Romeo firma tutti i suoi lavori con uno stile inconfondibile che urta seducendo e impone il silenzio.Questo è teatro puro. Commedia familiare dai contorni vagamente mediterranei, con un guizzo di metropolitano che fa pensare all'atmosfera dei quadri di Hopper, disegnata dalle luci… L'indagine sui rapporti familiari tra luci ed ombre, dramma e farsa, rimane uno dei temi privilegiati dal nostro autore… Commedia di corpi e di destini divergenti scolpiti dal senso tragicomico della vita. (…)L'eleganza dell'interpretazione si fa contrasto e contraltare alla forza impietosa delle parole. (…) Solide e asciutte nella forza interpretativa, la Maniscalco e la Scaffidi si misurano superbamente con un testo che offre una gamma ricca e variegata di registri. Nicola Costa nei vari ruoli maschili si fa carico efficacemente di un sapiente filo conduttore. (…)L'unica certezza è che il teatro di Romeo non finirà mai di far riflettere, di destabilizzare, di stupire.

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