CASA CASA

di Nino Romeo

Rassegna stampa

Paolo Randazzo – «RUMOR(S)CENA» del 7 novembre 2019

Catania – Passano gli anni ma la capacità di leggere criticamente la realtà che caratterizza la drammaturgia di Nino Romeo non perde di vigore ed anzi sembra rinnovarsi. Una dote che ha fatto meritare a questo drammaturgo, attore, regista, negli anni del suo lungo percorso creativo, importanti riconoscimenti di pubblico e critica, da sempre giustamente condivisi con Graziana Maniscalco, attrice potente ed interprete generosa, intelligente e quasi insostituibile dei suoi testi. Un teatro di parola, come se ne vede poco ormai nel nostro paese, una drammaturgia che ti afferra per il bavero e, senza tanti complimenti, ti mette spalle al muro, t’interroga, ti costringe a pensare, a confrontarti col sapore acre della ricerca della verità. “Casa casa. Una prova d’amore” è andata in scena alla Sala Chaplin di Catania con Graziana Maniscalco insieme a Nicola Costa (interprete del tutto all’altezza della sfida della complessità del testo); le musiche, di grande atmosfera sono curate ed elaborate da Giuseppe Romeo: sono le canzoni di Jacques Brel in tutto il loro raffinato impasto di poesia autentica e colta.Racconta la grigia quotidianità di due neopensionati che s’incamminano lungo le strade del tempo ultimo delle loro vite e della loro lunga esperienza di coppia: procedono inesorabilmente, consentendo al veleno della più sordida perdita di senso, alla malattia abbrutente, al risentimento personale, a quello sociale, di sconvolgere i loro giorni e le loro menti. Si scontrano col tempo che non passa, con la noia senza scampo, con l’acredine politica e il razzismo. Incontrano il male in tutta la sua “banalità”. Lui e lei si chiudono a casa, si difendono come possono (una pistola, inevitabilmente finisce con l’essere la miglior difesa), smettono di vivere sostanzialmente, si barricano nello spazio mentale consentito dalla televisione e soprattutto dal web, compulsato continuamente dai cellulari. (…) Attraversano alienati i loro giorni fino a spegnersi del tutto, autodistruggersi, fino ad accettare che la catastrofe avvenga sul loro stesso talamo nuziale, la catastrofe inevitabile e accolta insieme come unica prova d’amore possibile. Non c’è redenzione in questo spettacolo e nessuna speranza di salvezza, se non nella forza con cui il teatro, questo teatro, è ancora capace di dire la verità.

Giuseppe Condorelli – «Scenario» del 20 ottobre 2019“

Casa casa. Una prova d’amore” di Nino Romeo: un vicolo cieco crudele e spietatoCatania – Psicopatologia della vita quotidiana contemporanea su letto matrimoniale. Con pensionati. Al centro della scena nel teatro di Nino Romeo (come in “Fatto in casa”) spesso è proprio il letto ad assolvere ad una funzione totemica e sacrale ad un tempo: è il luogo ove si consumano – letteralmente – le relazioni umane e intorno al quale si scandisce, come in questo “Casa casa. Una prova d’amore”, lo spazio-tempo in otto scene-sequenze. Una lei/lui interscambiabili (come accade spesso nel teatro del drammaturgo catanese: da Mara e “Dollirio” dell’omonima pièce a “Graziamaria e Mariagrazia de “La casa della nonna” fino alle coppie oppositive di “Nubendi”), due esistenze serrate in casa e puntellate dalle paure: le ansie dell’una (Graziana Maniscalco ora bambola meccanica e moglie servizievole, ora madre feroce, ora lucida omicida): ossessione per i risparmi, le malattie, i ladri e gli assassini pronti ad entrare in casa, simmetriche alla maniacale logistica dell’altro (Nicola Costa: vecchio reazionario rompicoglioni, perfido e ostinato), le cui ore sono cadenzate da regole e consuetudini da cui è impossibile derogare.Vendicativi e permalosi, razzisti à la page, sufficientemente cattolici (ortodossi), sono immersi in un’eterna, pignola monotonia coniugale, un’aria da melò sistematicamente fatta a pezzi dalla scrittura e dalla regia di Nino Romeo: e come suonano antifrastiche e istruttive (quasi didascaliche) ad un tempo le canzoni di Jacques Brel che l’accompagnano passo a passo!  La tv indifferentemente accesa sui canali nazional-popolari, le loro tendenze politiche mutuate sulle parole di “chi dice quello che vogliamo sentirci dire”, le loro volontà dipendenti da una logica utilitaristica e privatissima. Due vite (vite?) costruite specularmente: una carriera “dirigenziale” in banca lui; assurta lei da anonima impiegata comunale al ruolo di dirigente; entrambe simmetricamente volte all’arricchimento, all’accumulo, all’accaparramento, appartenendo dei iure ad un cinico sistema di corrotti e corruttori, di camarille.  Una vita di coppia (apparente) dove tutto si consuma virtualmente, solipsisticamente: anche il sesso (l’amore?). Un atto unico costruito sullo straniamento, sul rovesciamento di ciò che ai nostri occhi è assurdo e che per i protagonisti è invece assolutamente normale: ma il palcoscenico è uno specchio e noi siamo o potremmo benissimo essere loro: forse non lo sappiamo ancora. La loro è in fondo una tragica e sterile mascherata – il puntuale cambio di parrucche è simbolico tanto di una coazione a ripetere rassicurante quanto di un mutamento illusorio e posticcio– che la scrittura drammaturgica di Nino Romeo lascia impietosamente affiorare e che, a volte, rende corrosivamente irresistibile (la scena dell’infinita lista dei farmaci da somministrare, per esempio): ma non c’è intenzione ludico-ironica in questo teatro, piuttosto la volontà di restituire crudelmente lo stato delle cose.Romeo con quest’atto unico prosegue infatti la riflessione intrapresa con “Nubendi”: lì l’ennesima disarticolazione della messa in scena tradizionale grazie alla rivoluzione del linguaggio e alla finta levità sotto cui invece si articolano e si incarnano i rapporti di potere, la “lotta mortale”; qui il disgusto per una vita inautentica, per il livoroso ribrezzo che questa coppia prova per tutto ciò –figli compresi (e mai compresi)– che esula dal loro rigido perimetro mentale e fisico, circoscritto minuziosamente anche dalle composizioni originali di Giuseppe Romeo: una sorta di “psicoacustica” che profila in maniera impercettibile la “voce” inquieta della casa: tonfi, passi, rumori e, lontano, lo scroscio di un diluvio. La lucidità della scrittura drammaturgica di Romeo scardina ancora una volta la moderna e alienata dimensione della vita (come non pensare a “Vi presento Tony Erdmann” di Maren Ade?): una scrittura ad orologeria al cui culmine gli stessi protagonisti si autodistruggono, anzi compiono l’atto definitivo del loro processo di annullamento: e come potrebbe essere altrimenti –chiuso il ripetitivo ciclo della giornata– davanti alla pura autocoscienza della loro vacuità?  Un teatro grottesco e di altissima tensione morale e critica –un’altra “prova d’amore” di Nino Romeo– che ricorda in parte l’Artaud filtrato da Derrida: “Il teatro della crudeltà non è una rappresentazione. E’ la vita stessa in ciò che ha di irrappresentabile.” Ovazione strameritata.

Elisa Guccione – «Newsicilia.it» del 20 ottobre 2019

Catania – Lo spettacolo, intervallato al ritmo dalle canzoni di Jacques Brel e le composizioni originali di Giuseppe Romeo, è lo specchio di una tipologia di anziani incapaci di comunicare con gli altri e con se stessi che porta lo spettatore alla riflessione sulle relazioni familiari che tra grottesco e surreale racconta la nostra società ormai sedata dai sentimenti.Nicola Costa e Graziana Maniscalco sono lo proiezione reale di un quotidiano incolto e fatuo, che tra vezzi e manie (…)Un vero gioco di coppia dal macabro finale, per una prova d’amore che scuote fino al punto di essere l’immagine sociale e politica di una società a cui di umano è rimasto, forse, davvero ben poco.

Nunzia Scalzo – «la Repubblica» del 19 ottobre 2019

Catania – Un liberatorio e lungo applauso finale ha segnalo il momento del la ripresa regolare del respiro dopo un’ora e mezza di apnea.”Casa casa, una prova d’amore”, è un pugno nello stomaco che costringe a riflettere senza scampo. Lo spettacolo, scritto e diretto da Nino Romeo, è interpretato da Graziana Maniscalco e Nicola Costa.In scena la giornata tipo di una coppia di coniugi pensionati che hanno fatto della loro casa una prigione. Due persone ottuse e grette serrate nel loro egoismo e nella loro paura al punto da recidere ogni relazione con il mondo esterno. Unici strumenti di contatto, la televisione e il web. Fieri della loro ignoranza, disprezzano tutti quelli che hanno sete di conoscenza e cosi, privi di calore umano, prendono a odiare persino i loro stessi figli, sfuggiti al loro controllo. La narrazione è rapida ma si sofferma su ogni dettaglio, gli istanti precedenti e quelli successivi alla fine, il ricorso al web, il silenzio degli umani che prevale sulle parole della tv. Su ogni aspetto concreto della vita dei coniugi, solo poche informazioni e poi il nulla. Solo due umani, questo basta a rappresentare un modo di essere che ha preso piede nelle nostre società, gente ricca fuori, povera dentro. Addirittura arida. Stare insieme, ma essere soli persino nell’atto supremo di coniugazione – l’amplesso – dove ciascuno fà da sé, è il simbolo della fine. E allora la speranza si va spegnendo, come la vita, e non resta che la morte. I due attori sulla scena sono fluidi, domina il gusto iperbolico e monumentale della parola.Grande teatro, grandi applausi.

Maurizio Giordano – «Dramma.it» del 19 ottobre 2020

Catania – Angoscia esistenziale, paura dell’altro e del mondo esterno, odio ed ignoranza, smarrimento e cattiveria, solitudine condivisa in due. Sono alcuni degli aspetti che ritroviamo nella pièce “Casa casa, una prova d’amore”, novità assoluta del drammaturgo, regista ed attore catanese Nino Romeo con l’intensa e sofferta interpretazione di Graziana Maniscalco e Nicola Costa. Il lavoro, diretto con estrema cura ai particolari da Nino Romeo, in circa 80 minuti, con una scenografia che tende al grigio, con le malinconiche canzoni di Jacques Brel che aprono e chiudono le scene spesso deformandosi e la preziosa composizione sonora di Giuseppe Romeo, si rivela particolarmente incisivo, crudo, spiazzante, partendo proprio dal nucleo fondamentale della casa (così come è accaduto in altri precedenti lavori di Romeo, “Fatto in casa” e “La casa della Nonna”) fotografando uno spaccato della nostra società, focalizzandosi su una coppia tipo di pensionati, poco più che sessantenni, dei nostri giorni. Sulla scena (occupata da due dormeuse che alla bisogna diventano letto matrimoniale, divano, sala da pranzo con ai lati due file di sagome dove sono adagiate delle parrucche indossate dai due interpreti) i protagonisti assoluti sono una “Lei” (Graziana Maniscalco), inflessibile, glaciale, particolarmente odiosa e un “Lui” (Nicola Costa), meticoloso, malinconico, estremamente dipendente da lei. Sono una coppia di agiati pensionati che vivono segregati nella loro lussuosa casa ed apprendono cosa succede nel mondo esterno attraverso lo schermo della tv o collegandosi con lo smartphone ad internet. Odiano tutto e tutti (anche i loro figli che vivono all’estero e che sono completamente diversi da loro), amano il loro isolamento, sono schiavi delle loro fissazioni, abitudini, paure, rumori e vivono la loro claustrofobica esistenza tra discorsi ripetitivi, autoerotismo in contemporanea, mania del possesso e dell’accumulo.E la casa, ancora una volta, risulta il luogo per eccellenza dei drammi di Nino Romeo, luogo dove tutto viene svelato, dove non ci possono essere segreti e da dove ha origine tutto ciò che sta succedendo all’esterno, nella nostra squinternata società.La coppia è afflitta da un pericoloso e contagioso “malo sentire”, in cui molti di noi si identificano, si riconoscono, si ritrovano. Rituale ed emblematico, durante i momenti della giornata, il cambio sulla scena di parrucche che scandiscono i loro mutamenti, i loro tempi, le loro giornate che passano in una affinità, in una totale e maniacale convivenza, con un bisogno continuo l’uno dell’altro.Alla fine dello spettacolo gli applausi del pubblico per l’autore e regista Nino Romeo, per il giovane figlio d’arte, Giuseppe Romeo, artefice della composizione sonora e soprattutto per i due rigorosi interpreti, Graziana Maniscalco e Nicola Costa. Preziosi il gioco luci dello stesso Nino Romeo. La novità di Nino Romeo risulta un lavoro originale, trasgressivo, dal taglio politico ed introspettivo che indaga sui caratteri, sulle manie dei personaggi e sulla deriva della nostra società, sempre più caotica, aggressiva, intollerante e disumana.

Giovanna Caggegi – «La Sicilia» del 18 ottobre 2019

Catania – Ha tutte le sfumature del grigio l’universo socio-antropologico che Nino Romeo ritrae con sferzante piglio distopico nella sua nuova opera “Casa Casa. Una prova d’amore”.Protagonisti Lei e Lui, due anziani coniugi in pensione che hanno deciso di barricarsi chiusi in un livido e rancoroso rifiuto delle relazioni umane, spinto fino all’odio per gli stessi figli, in nome della paura e del pericolo. Nella casa di Lei e Lui, il tempo si è fermato e la vita pure, appena evocata dai rumori che provengono dall’esterno. Se il pensiero va a Ionesco e al suo “Delirio a due2, al netto della bizzarra sarabanda linguistica, “Casa Casa” risuona piuttosto di echi pinteriani con i vecchi incattiviti, ma non più pugnaci e passionali, quanto anestetizzati, privi di connessioni emotive, ridotti ad automi che ripetono frasi ma non comunicano, se non in apparenza, come appare nella scena di autoerotismo consumato in contemporanea nello stesso letto. Solo in Lui appare resistere una malinconica richiesta di affetto nell’ossessiva reiterata domanda «è una prova d’amore?». Più crudele, più sordida, è Lei che, non a caso, risolve con un gesto prevedibile il triste ménage, a conclusione dell’intera giornata durante la quale affiorano dubbi e lacerazione nella tela banale di una quotidianità fatta di abitudini e rituali rassicuranti, ma non per questo meno ossessivi.Dopo il celeberrimo “fatto in casa”, La casa della nonna” e “Nubendi”, Romeo torna al tema della casa -“camera della tortura”, luogo privilegiato del conflitto in cui si rivelano le intimità più inconfessabili e in cui i personaggi costringono a gettare la maschera delle ipocrisie e delle convenzioni- per approdare a un testo iperrealistico che si misura con l’urgenza della cronaca, che stigmatizza in forma iperbolica la società del nostro tempo, la deriva populista e incolta, la recrudescenza dell’odio e del razzismo.Giuseppe Romeo tesse un tappeto sonoro sul raffinato contrappunto di uno chansonnier come Jaques Brel, mentre nell’algida eleganza della scena, dominata dal grigio e da un sapiente gioco di luci che asseconda gli snodi drammaturgici, due dormeuse diventano all’occorrenza letto matrimoniale, salotto, sala da pranzo, incorniciate ai lati da due file di piccoli totem, sculture dalla sagoma umana, che reggono le parrucche indossate dai due attori. Elegante e rigorosa, Graziana Maniscalco restituisce con asciutta e incisiva modulazione espressiva una Lei prosciugata di ogni umanità, una vecchia avvizzita e contratta nel linguaggio freddo dell’economia, dei risparmi e delle obbligazioni. Nicola Coata, già prezioso interprete nel repertorio del Gruppo Iarba, è qui l’efficace Lui, vulnerabile e bizzoso, stralunato e feroce, vittima e carnefice di un gioco di coppia dal macabro finale.

Cateno Tempio «Sitosophia» del 17 ottobre 2020

Catania – Sommessa ma potente, Casa casa è un’opera necessaria. Vive sospesa tra una componente eterna dell’animo umano -la paura dell’oltre, ossia dell’altro- e la stretta attualità, ossia l’incanalamento e sfruttamento politico di questa paura atavica. Protagonista una vecchia coppia di sposi, tenuta assieme da un amore a tratti tenero, nel prendersi cura l’una dell’altro, con tutte le sue insopportabili manie e i capricci riguardo al cibo, ma una tenerezza che non viene mai confessata esplicitamente e che non si traduce in nessun contatto fisico: anche il sesso tra i due è privo di contatto reciproco e si svolge come autoerotismo in contemporanea.Il sipario si apre su un talamo, come pure in un precedente capolavoro di Nino Romeo, quel Fatto in casa di cui quest’opera riprende la vita di coppia e il non mostrare mai nulla al di fuori delle mura domestiche, con piglio meno dissacratore e divertente ma più politico e sociale, con un risultato parimente incisivo. La coppia non esce mai di casa, le scene si susseguono scandendo diversi momenti della giornata -sveglia, colazione, pranzo, riposo e tv pomeridiani, la messa in televisione, la cena, il rimettersi a letto- che accompagnati da cambi di parrucca sembrano mostrare anche una dimensione temporale più estesa nel tempo.Marito e moglie sono ossessionati e inquietati dal mondo esterno, pur non mettendo da anni un piede fuori di casa: le uniche finestre sul mondo sono internet e i programmi televisivi. Ma l’oltre e l’altro paiono sempre sul punto di irrompere, esistono come rumori di passi, tonfi, pioggia, tuoni. La paura incornicia il dramma. Per paura non si esce di casa, per paura i coniugi vorrebbero installare un sistema d’allarme, per paura il marito ha acquistato su internet una pistola semi automatica, poiché ormai la legittima difesa è sdoganata, grazie al loro politico di riferimento, il “messia”, “l’uomo nuovo”, Salvini, di cui si sentono le interviste televisive.Ma Salvini è qui il simbolo e l’incarnazione di un sentimento tanto irrazionale quanto radicato, tanto pervasivo quanto immobilizzante. La casa è il luogo per eccellenza dei drammi di Romeo. È il microcosmo in cui guardare come con la lente di ingrandimento ciò che accade nel macrocosmo. I vecchi coniugi siamo noi. Non una parte di noi, ma tutti noi. È la Sicilia, anzi l’Italia tutta, chiusa tra le propria quattro impenetrabili mura, il mare e le Alpi. Marito e moglie hanno due figli, gemelli, di cui la madre si rifiuta di pronunciare il nome, chiamandoli semplicemente “il maschio e la femmina”. Lui, il maschio, è da anni in missione umanitaria in Africa; lei, la femmina, da anni studia negli Stati Uniti. Sono tanto diversi dai genitori al punto da sbeffeggiarli, da deriderli mentre guardano i loro stupidi programmi televisivi, da rifiutare i valori borghesi e l’attaccamento al denaro di cui i vecchi coniugi sono impregnati. E com’è possibile, si chiedono questi ultimi, che da loro due siano nati figli così distanti dal loro modo di pensare e di vivere? Sembra esserci un barlume di speranza che affiora nel dramma di Romeo, rappresentato da questi giovani che leggono, studiano, si documentano, girano il mondo, si impegnano, sono attivisti, sono aperti all’altro.È che l’Italia è vecchia, la Sicilia vecchissima, pare dirci quest’opera. E tanto più si invecchia quanto più ci si rinchiude “casa casa”, dipendenti da internet e televisione.Nicola Costa interpreta un credibilissimo pensionato, con gli occhi talvolta sgranati per i suoni del mondo esterno e altre volte smarriti per la mancanza di autosufficienza, che si tramuta in dipendenza dalla moglie. Le sue movenze sono ora leggere e danzanti, ora davvero degne di un ipoglicemico.Non si trovano mai abbastanza parole di elogio per le interpretazioni di Graziana Maniscalco, per la sua voce, per il viso che improvvisamente si increspa per lo sdegno verso un mondo che fa ribrezzo al suo personaggio, per la rabbia che deve mutarsi in rassegnazione nei confronti del marito, per la frustrazione e la delusione nei confronti soprattutto della figlia.Le canzoni malinconiche di Jacques Brel aprono e chiudono le scene, qualche volta scomponendosi, deformandosi.Il fattaccio avviene sempre tra le quattro mura domestiche. La vita dovrebbe essere apertura; rinchiuderla significa creare un comodo alloggio per paure e pregiudizi. Un primo passo in direzione dell’umanità è proprio questo: varcare la soglia, aprire la porta, uscire di casa.

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